Storia


 

La data di nascita ufficiale della Croce Verde Recchese risale al 3 settembre 1924. Come altri sodalizi del genere le sue origini più remote vanno ricercate nelle tradizioni che vedevano gli appartenenti alle antiche confraternite cittadine assistere i parenti, gli amici, e anche gli estranei ammalati e di accompagnarli fino all’estrema dimora.
Una tradizione che dal medioevo continuò fino al secolo scorso. A quell’epoca presero piede anche delle associazioni assistenziali laiche che prestavano il soccorso gratuitamente ai propri soci, e ai non soci dietro la corresponsione di una modica cifra.
Una Società di mutuo soccorso sorse a Recco nel 1868 ad opera di Francesco Massone, Stefano Galliano, Enrico Ghiggini, Andrea Brunetti e Pietro Passalacqua. Non si sa esattamente quando la sua attività venne a cessare.
Dopo un periodo di vuoto, terminata la prima Guerra Mondiale, si sentì la necessità di dar vita ad un pubblico Ente assistenziale. Furono le uscite “goliardiche” di un ristretto gruppo di nostri concittadini a dar vita alla Croce verde Recchese.
Nel 1922 undici giovani e sportivi recchesi: Vittorio Costa, Michele Fasce, Americo Faraoni, Francesco e Federico Faraoni, Settimio e Tito Ferro, Antonio Fiorito e Giobatta Perdarsini, Battista Pozzo e Gaetano Valle fondarono un club che aveva il divertimento come unico scopo.
Il club venne battezzato “Club dei Matti” e divenne uno dei migliori organizzatori di feste, divertimenti e carnevalate dell’intera riviera di levante. Il periodo di massima attività del Club era, ovviamente, quello carnevalesco. Le feste organizzate dai nostri bravi “Matti” rendevano delle discrete somme che venivano accantonate per l’organizzazione di ulteriori feste. Parte però venivano devolute in beneficenza.
Il Club però dopo due anni di vita spensierata e allegramente disordinata entrò nell’occhio del ciclone. A causa della sua esclusività – degna di un Club inglese – che arrivava a negare qualunque domanda di associazione, molte simpatie gli vennero alienate. Si giunse all’antipatia e all’ostilità velata in mezzo alla quale si infiltrarono anche ripicche di tipo politico. Erano i tempi in cui non si vedeva di buon occhio tutto quanto non era irreggimentato.
Erano quelli gli anni in cui per gli interventi di pronto soccorso venivano usate barelle a ruote piene, ricoperte da una tela cerata bianca che proteggeva l’ammalato dalla pioggia, dal vento dal sole, e dagli sguardi dei curiosi. Ve n’erano due custodite nei fondi del palazzo municipale. Ai lati di queste barelle spuntavano quattro stanghe che servivano a degli inservienti volontari, offertisi lì per lì a spingere la barella stessa fino a destinazione. Il nome con cui venivano chiamati questi trabiccoli a ruote è quello pomposo di “freccia”. Altre barelle a mano erano anch’esse custodite nei locali comunali e venivano utilizzate in caso di bisogno da portatori volontari
In quel periodo essi constatarono la triste situazione in cui versava allora a Recco la pubblica assistenza i soci del club pensarono di dedicare la propria attività a favore di coloro che versavano in condizioni di bisogno in seguito a malattie o calamità. Cominciavano allora a verificarsi i primi incidenti stradali. In soccorso dei feriti si precipitavano per lo più gli spazzini comunali con le barelle che avevano a disposizione. Se si prospettava la necessità di un ricovero urgente all’ospedale di Genova occorreva noleggiare un taxi e trasportare con quel mezzo l’infortunato o il malato al nosocomio genovese.
Si giunse così al settembre del 1924. I “Matti” decisero di sciogliere il proprio sodalizio di tipo goliardico e di dedicarsi, insieme a quanti lo desideravano, all’assistenza pubblica.
Venne decretata la nascita della Croce Verde Recchese. I soci che si iscrissero entro il mese di settembre 1924 assunsero la qualifica di “Fondatori”.
I nomi dei fondatori della Croce Verde Recchese sono: dott. Giuseppe De Barbieri che ne fu l’animatore nel campo sanitario propriamente detto, Michele Fasce, Severino Beluzzi, Agostino Castagnini, Pasquale Capurro, Carlo Capurro, Tullio Ferro, Settimio Ferro, Federico Ferreccio, Guido Ghisilieri, Fiorenzo Mosto, Luigi Oneto, Frotunato Pederzini, Gian Battista Pederzini, Vittorio Turrini, Guido Bisso, Giovanni Caffarena, Giuseppe Capurro, Tito Ferro, Rinaldo Ferro, Francesco Ferreccio, Davide Gioardo, Ernesto Massone, Luigi Nicora, Silvio Passalacqua, Angelo Pozzo, Carlo Tassara Carlo e Gaetano Valle.
La prima sede della nostra Croce Verde fu quella dei “Matti”. Quindi venne reperito un fondo in Vico Olivari che venne rimesso completamente a nuovo e sistemato per le nuove esigenze. Purtroppo i locali erano a piano terra con le finestre sul mare il quale, quando era in burrasca allagava i locali e a turno i militi facevano la guardia giorno e notte dormendo sopra i tavoli. La Società disponeva di due barelle con ruote di gomma piena da spingere a mano, di otto barelle pieghevoli, di 30 metri di scala a corda (biscaglina), di 2 piccozze e di 4 lanterne a carburo. La sala di medicazione oltre un lettino conteneva un armadio con medicinali e ferri chirurgici, un armadio contenente biancheria e due cassette di pronto soccorso.
I soci della Croce Verde partecipavano anche all’assistenza dei bisognosi senza chiedere nulla. Il compenso veniva dato se chi chiedeva soccorso aveva la possibilità di pagare qualcosa. Le oblazioni, quando c’erano, venivano devolute alla cassa comune. A volte i militi ci rimettevano qualcosa di tasca propria per far arrotondare la cifra che intendevano versare al sodalizio quale compenso per il servizio effettuato.
Nel 1925 venne inaugurato Il Vessillo Sociale che è rimasto lo stesso da allora. Su uno dei nastri fu fatto scrivere dal dott. Ignazio De Barbieri, padre del dott. Giuseppe De Barbieri, allora Direttore Sanitario, il motto: “DILIGITE ALTERUTRUM” cioè amatevi e soccorretevi scambievolmente.
Il dott. De Barbieri teneva con regolarità ai militi lezioni di infortunistica e di elementi di pronto soccorso due volte la settimana, alla sera, nella sede sociale.
Nel maggio del 1927, in una bellissima giornata di sole, fu fatta la prima premiazione dei militi dei soci
In seguito venne ampliata la sede che fu trasferita in Salita Priaro. In Via Dogali si trovarono i locali adatti per sistemarvi le due ambulanze, fra le prime in Riviera, che avevano arricchito il patrimonio della P.A. e che erano state acquistate abbastanza facilmente date le disponibilità di cassa che la Croce Verde aveva all’epoca integrate da una pubblica sottoscrizione. La prima ambulanza venne inaugurata il 18 marzo 1928.
Nella sede della Croce Verde che, conviene ricordarlo, aveva anche numerose socie del gentil sesso, erano sistemate in capaci armadi decine di lenzuola, di federe e di coperte. C’era anche un notevole conto in banca.
I militi della Croce Verde seguivano i funerali e si adoperavano per i trasporti funebri, sempre con la medesima formula: chi poteva pagare il servizio pagava e chi non lo poteva fare cercava di sdebitarsi in qualche modo.
Purtroppo ci furono anche episodi clamorosi di gente abbiente e conosciuta per tale che profittò – è il caso di dirlo – dei servizi dei militi, senza voler corrispondere altro che un bel grazie.
Nel 1936, una disposizione governativa stabilì che tutte le associazioni di pubblica assistenza che non erano “enti morali” dovevano essere assorbite dalla Croce Rossa. Così anche la Croce Verde Recchese divenne una sezione della CRI. Qualche socio e qualche caposquadra si dimise per protesta, gli altri confluirono nell’organizzazione della CRI e con questa vennero anche richiamati nel corso dell’ultima guerra e seguirono le nostre truppe in zona d’operazioni.
Sotto l’infuriare dei bombardamenti anche la sede della P.A. locale, tutti gli arredi e gli averi andarono perduti. Per qualche tempo un’ambulanza militare sbrigò il servizio di assistenza tra la popolazione decimata e tra quanti erano rimasti, nonostante tutto, tra le macerie di quella che era una volta Recco.
Gli uomini vennero dispersi dall’immane bufera. Chi andò a fare il militare, chi sfollò, chi cadde sotto i bombardamenti o su qualche fronte. I mezzi e la sede vennero cancellati dalle bombe.
Alle fine della guerra, tra i vari problemi che la ricostruzione della città pose,ci fu anche quello della rinascita della locale associazione della pubblica assistenza. Lo stesso dott. Giuseppe De Barbieri, Umberto Port, Aroldo Motta, i fratelli Lignerone, Bernardino Ricasso, il “mago” Figari, Paolo Caffarena, si preoccuparono della rinascita del sodalizio. La sede venne riaperta e questa volta di nuovo con il nome di Croce Verde Recchese, nei locali della casa dei “Bernardin”, senza alcun mezzo, senza alcuna ambulanza.
Ma c’era una grande volontà per rifare in fretta della Croce Verde un ente valido.
Il compianto ing. Matteo Beraldo si fece donare lo chassis di una Fiat 1400 dalla stessa Fiat. La carrozzeria venne pagata dalla Croce Verde con una pubblica sottoscrizione.
Ultimata la ricostruzione del Palazzo comunale, una sede più degna venne ricavata nei fondi dello stesso edificio. Lì rimase per alcuni anni, mentre il sodalizio, sempre presieduto dal dott. De Barbieri, rinforzava le proprie strutture ed aumentava il numero dei soci. In un momento successivo l’Amministrazione Comunale offerse alla Croce Verde, soprattutto per ricoverare le sue ambulanze, i locali dei fondi delle case comunali costruite nel frattempo in zona Loderini.
Intanto si faceva strada l’idea di dotare la Croce Verde di una propria sede autonoma. Si era alla fine degli anni ’50. Il farmacista dott. Emilio Diena spinse per costruire una sede autonoma quando divenne presidente della Croce Verde. C’erano da parte due milioni. Ottenne in regalo dalla famiglia Molfino un pezzo di terreno in fregio alla Via Milite Ignoto, un’altra porzione venne donata dal signor Pietrafraccia e un’altra dalla famiglia Pozzo e infine anche dal Comune.
Si accese un mutuo di 5 milioni presso la Cassa di Risparmio e iniziarono i lavori con molta lena e soprattutto con moltissima buona volontà e spirito di sacrificio da parte di tutti. Gli artigiani e gli operai locali contribuirono in maniera esemplare a realizzare il sogno di tutti i soci della Croce Verde e forse di tutti i recchesi. Fare in modo che la Croce Verde Recchese avesse un locale ampio e adeguato per ospitare la propria sede, per riunire i militi, per ricoverare le ambulanze.
L’ing. Alessandro Tanfani redasse il progetto, il bravo Pino Pozzo si occupò di raccogliere i denari dove poteva e di convincere molti a lavorare senza compenso, per beneficenza, in favore del sodalizio assistenziale. Oltre a Pino Pozzo si distinsero, insieme ad altri: Alabastro Romolo, Motta Aroldo e Razeto Emilio. Tutti avevano un compito e tutti lo portarono avanti con entusiasmo. I debiti con la banca vennero pagati, si pagarono le spese indispensabili, si disse un semplice “grazie” a molti. Finalmente domenica 30 aprile 1961 venne inaugurata la nuova sede sociale in Via Milite Ignoto, quella stessa che ancora oggi è il pilastro dell’associazione.
Su quella scia il sodalizio è continuato ad andare avanti. Sempre con molto entusiasmo, con slancio, con amore verso il prossimo, con spirito di dedizione e di sacrificio.
Nel corso degli anni altre opere sono state portate a compimento. I soci ormai sono più di 1000, le vecchie ambulanze sono state sostituite da altre nuove e più efficienti. La sede è stata ampliata con un nuovo e capiente garage, con locali che permettono l’espletamento del servizio di guardia notturna continuato.
Nuove attrezzature, nuovi uomini, nuovi entusiasmi. Questo è sempre stato il distintivo della Croce Verde di Recco.
I militi seguono periodi di istruzione impartiti da medici o tecnici specialisti; ci si occupa di aspetti sempre nuovi del soccorso. In tal modo la Croce Verde è sempre al passo con i tempi, al servizio di tutti.

(tratto dal volume “Recco, Avegno e Uscio – Storia di una vallata” – A cura di Sandro Pellegrini)